giovedì 19 dicembre 2019

#0 Depression: GoPro sull'autostrada

Sapeva che quella avrebbe potuto essere l'ultima sera della sua vita, eppure si sentiva tremendamente tranquillo. Quella donna era stata chiara alcuni giorni prima. 
Da oggi in poi indossa questa GoPro al collo e cerca di lasciarle campo libero giusto di fronte a te, aveva detto, consegnandogli la telecamera. Era un compito duro da portare a termine, se si considerava il fatto che la fine di esso fosse appunto la sua morte. Certa tra l'altro, non probabile. La sua assoluta e definitiva morte certa. Doveva indossare quella cosa fino a quell'esatto momento.
Quelli come te non sono soli, aveva aggiunto.
E non devono esserlo più, ma per poter riuscire in questo bisogna che alcuni si sacrifichino, come le cavie di qualsiasi medicina sperimentale o i primi a subire qualche nuova e innovativa procedura chirurgica.
Aveva pensato ai suoi figli, a sua moglie, a tutti i suoi amici e altri parenti. Molti di loro sarebbero potuti finire nella sua situazione, quindi perché non sfruttare il suo già esserci per cercare di salvarli?
Per questo aveva al collo quella telecamera e per questo camminava lungo il guardrail di pietra dell'autostrada, nonostante piovesse a dirotto. Il vento era infernale e lo frustava senza sosta con raffiche d'acqua e nevischio.
Aveva qualcosa nel cervello, ma quella donna aveva detto che c'era in realtà molto di più. Aveva qualcosa che gli straziava il cuore, che gli bastonava l'anima e che prendeva la sua personalità per il collo impiccandola ad ogni istante di vita, senza stancarsi mai.
Non sapeva cosa significasse tutto questo, ma sapeva cosa sarebbe potuto accadere.
I fari di un camion illuminarono il suo viso pallido. L'assenza di sonno aveva preso a pugni i suoi occhi. Tremava perché non aveva fame e le gocce gelide che gli si accumulavano sulla pelle scoperta non lo bagnavano per davvero. Era disidratato. Avrebbe tanto voluto buttar giù un goccetto. Così, tanto per ricordare l'inizio.
Il sapore del fuoco, la parvenza di benzina. Bere lo avrebbe salvato da quell'autostrada, fatta di pece nera e linea di mezzeria tratteggiata. Camminava nella direzione opposta al senso di marcia e si trovava a lato esterno della carreggiata. Finora non aveva ancora incontrato una piazzola di sosta e si era concentrato completamente sul tenere la GoPro fissa innanzi a sé. Nessuno lampeggiava i fari nella sua direzione, ma lui si sentiva accecato.
Nessuno suonava il clacson per segnalargli di stare attento e scendere da quel luogo non fatto per i pedoni, eppure lui era assordato da un rumore continuo.
Quella bottiglia.
Quel finestrino.
Quel vecchio disco graffiato.
Si fermò perché il fiato iniziò a mancargli.
Quando prese a fissare le auto instancabili, dall'altro lato della corsia c'era un bambino di una decina d'anni. Aveva una felpa scura con il cappuccio ben piantato in testa. Con un piede appoggiato sul triangolo di segnalazione per gli incidenti, provava ad allacciarsi le scarpe, ma non ci riusciva perché una delle sue braccia era storta all'indietro, spezzata in una maniera indicibile e così frantumata da sembrare essere uscita da un frullatore.
"Ehi, attento!", gridò con monito l'uomo.
Il ragazzo alzò il capo e lo guardò con un sorriso strano, poiché diviso a metà da un'ustione che gli aveva devastato mezza faccia.
Sapeva chi era, altrimenti quella donna non gli avrebbe ordinato di indossare la telecamera.
Pianse di getto, lasciando che quell'attacco di panico prendesse il sopravvento.
Poi attraversò l'autostrada senza guardare, ma almeno la GoPro tenne gli occhi aperti per tutto il tempo.

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