Quando doveva scolpire, il religioso silenzio era una delle condizioni imprescindibili in cui l'ambiente doveva trovarsi. Le sue lauree e le sue abilitazioni lo etichettavano sia come architetto che come ingegnere, mentre la sua esperienza manuale lo nominava come muratore esperto. Scolpire invece per lui era sempre stato un hobby, sebbene adesso, a causa del suo obbiettivo prioritario, fosse diventato un lavoro vero e proprio. Il silenzio dunque gli occorreva per molteplici ragioni, di cui la prima era il concentrarsi e procedere lentamente e la seconda invece era legata al riflettere e ricordare.
Dopo aver spappolato e tagliato a pezzi il corpo dell'uomo che aveva ucciso, riponendolo in quattro sacchetti neri della spazzatura da dover nascondere nel lago, era ritornato nella stanza di congiunzione tra la porta a sinistra e la porta a destra. Aveva issato il blocco di cemento color malva sul tavolo dove aveva rollato le proprie sigarette e, sempre senza maglia, si era posizionato sotto l'unica lampadina accesa pendente dal soffitto. Sul tavolo aveva riposto martelli dalle varie dimensioni, scalpelli, raspe e un segaccio, ma ad essi aveva accostato le ultime due sigarette al sangue. Una l'aveva fumata dopo le martellate, una dopo il fare a pezzi e una dopo l'imbustamento.
Fissò il cemento, lo accarezzò per assicurarsi della sua solidità, si portò una sigaretta alla bocca e l'accese. Prese i propri attrezzi e cominciò a lavorare la sua scultura.
L'uomo che aveva ucciso non era una persona malvagia e, nonostante la scelta di ucciderlo fosse classificabile quasi come una scelta casuale, in realtà un metro di giudizio per condannarlo a morte lo aveva usato.
La sua vittima era un pompiere, un uomo di coraggio, un uomo che salvava delle vite o che almeno ci provava quando un'emergenza incorreva. I pompieri sono impavidi, hanno fegato, sono il simbolo del coraggio anche quando una missione va a male e il fuoco divora chi doveva essere prelevato dalle fiamme. Non meritava assolutamente di essere seguito da un furgone, di essere tramortito con un bel colpo dietro alla nuca e di essere poi trascinato via senza che nessun occhio indiscreto lo notasse. Men meno si era in qualche modo guadagnato una fine simile, ovvero appeso a testa in giù su ganci da macello prima di essere sgozzato ancora vivo e cosciente. Ma allora perché lo aveva scelto ed eliminato atrocemente?
Ciccò la sigaretta nel posacenere a forma di fiore colorato, prima di rificcarsela in bocca, aspirare e continuare a scolpire. Stava procedendo bene il lavoro, l'omino maschile stava già prendendo forma e il suo volto e le sue spalle erano molto verosimili.
Il pompiere aveva preso parte allo spegnimento dell'incendio che anni prima aveva inghiottito casa sua. Aveva eseguito un lavoro impeccabile e aveva avuto un coraggio da vendere, tant'è che aveva tratto in salvo incolumi sia il suo cane che la sua gatta. Lui aveva pianto di gioia, quando quell'uomo glieli aveva riconsegnati spaventati tra le sue braccia. Per questo aveva scelto lui e per questo aveva prelevato il suo fegato per aggiungerlo come elemento chiave alla scultura che stava realizzando.
Se doveva realizzare una statuetta grossa una decina di centimetri e doveva renderla uguale a sé stesso, come un feticcio che identificasse la sua persona, era giusto che ammazzasse quel pompiere e prelevasse il suo coraggio. Così tutto sarebbe quadrato, no? Scolpendo il cemento con quel sangue e quel fegato, avrebbe potuto creare la forma migliore di sé stesso, ovvero l'uomo abile, coraggioso e impavido che era sempre stato.
Lui aveva sempre creduto che il mondo fosse composto da manifestazioni prive di senso, manifestazioni che però si rifanno a qualcosa che non esiste in questa realtà. Per questo l'umanità è così varia, perché si rifà a qualcosa di superiore che magari non è mai stata manifestata e che tra sé è tutta diversa. Se dunque quelle statuine dovevano essere simbolo di qualcos'altro, era necessario che si aggiungessero gli elementi in grado di specificarne l'identità sia fisica che spirituale.
Il cemento per l'umanità.
Il sangue per la spiritualità.
E il fegato per l'individualità.
Il trittico perfetto, la triade indissolubile: l'uomo, la realtà e l'aldilà.
La penultima sigaretta era stata spenta da un pezzo, quando finalmente completò la propria statuina. Non era convinto di quanto tempo fosse trascorso, ma si sentiva stanco e spossato come non gli accadeva da anni.
Si alzò in piedi e, posizionandosi perpendicolarmente sotto la lampadina, osservò la statuetta che rappresentava sé stesso.
Il colore era ancora a metà tra malva e vinaccia, ma la precisione con cui l'aveva realizzata era indiscutibile. Gli somigliava leggermente, ma il suo fisico e la sua pelata erano pressoché identiche, come anche il tatuaggio con scritto Tormento dietro al suo collo.
Poggiò il suo lavoro sul tavolo e raccolse le chiavi del furgone e della sua imbarcazione. Doveva far sparire i resti di quel corpo per sempre, ma prima si accese l'ultima e conclusiva sigaretta al sangue.
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