Osservando le sue mani lisce e curate mentre rollava le sue sigarette di tabacco, non si sarebbe mai detto che quei palmi e quelle dita appartenessero ad un muratore esperto. La grazia con cui muoveva le sue estremità e la delicatezza della pelle non avrebbero mai suggerito l'appartenenza di esse ad un tipo di lavoro così manuale, dunque realmente a volte non bisogna giudicare un libro dalla sua copertina.
Piegato su quel tavolo da lavoro con a ridosso tutti quegli attrezzi sparsi e sporchi e quell'unica lampadina ad illuminargli il cranio calvo e il corpo denudato, eccetto per le mutande, era interessante notare come si dedicava con meticolosità a quell'azione che ormai compiva da anni. I suoi occhi verdi erano rapidi e vispi e cercavano di controllare attentamente che non ci fosse nessuna piega nelle cartine appena leccate e chiuse, come se questo potesse influenzare o cambiare qualcosa nel fumare.
Ne completò 5 in tutto e senza alcuna forza, per non piegarle e per non romperle, le raccolse con una sola mano. Si alzò in piedi, deglutì e andò prima a controllare che la porta alla sua sinistra fosse chiusa per bene, prima di dirigersi verso quella di destra.
Spalancò l'uscio, accese la luce e guardò il corpo appeso al gancio a testa in giù. I due spuntoni acuminati infilzavano da una parte all'altra i tendini di Achille assicurando che il cadavere fosse ben sospeso da terra, così come viene fatto in macelleria con gli agnelli sfasciati e gli altri tipi di animali da macello. Giudicando dal colore bianchiccio e dal pallore mortale che ricopriva quasi ogni angolo della pelle di quell'uomo, quasi tutto il sangue doveva essere sgorgato fuori dalla sua gola squarciata, precipitando in quella gigantesca bacinella di plastica azzurra poggiata al suolo. Era cresciuto in campagna, quindi sapeva benissimo come si sgozza un maiale. Suo zio e suo padre gli avevano fatto praticare la sua prima incisione alla gola quando aveva appena 11 anni.
Si avvicinò al cadavere, ne annusò la putrefazione e poi si chinò verso il contenitore di plastica quasi del tutto pieno. Qualche gocciolina colava ancora. Prese una alla volta le sue sigarette e le intinse lievemente nel sangue su di un lato, appoggiandole poi a terra sul fianco non imbrattato cosicché si asciugassero.
Un corpo umano contiene circa 5 litri di sangue e fondamentalmente può essere riconosciuto da tutti in ogni ambito di studio come la migliore icona simbolica della vita. Più dell'acqua, più del vino, più dell'alcool e dell'urina. Ogni tipo di scienza o religione usa la metafora del sangue per identificare il carburante della vita, peccato che questo venga spesso dimenticato e quel liquido rosso venga associato alla morte, all'assassinio e alla paura, oltre che alla trasmissione di malattie virali.
Ma lui conosceva bene il sangue e le sue proprietà, ecco perché faceva ciò che stava facendo.
Mentre i suoi mini-bastoncini di tabacco si asciugavano, recuperò il suo coltello da macellaio. Si avvicinò al lato dell'addome di quell'uomo, che aveva brutalmente ammazzato, e constatò la presenza del rigor mortis. I suoi muscoli erano rigidi, ma quella lama lo avrebbe affettato a meraviglia.
Spostò il secchio e infilzò l'uomo dall'altezza dell'ombelico, tranciandolo man mano fino ad arrivare allo sterno. Il rumore della carne che veniva affettata era simile a quella di un quarto di bue sfasciato, non c'era assolutamente alcuna differenza. Gli occorreva un solo organo in quel frangente, quindi non sarebbe servito a niente cominciare una vera e propria autopsia, per questo era partito da sopra al pube.
Allargò leggermente i lembi e cavò il fegato sporco di sangue e bile. Raggiunse uno dei tavoli presenti nella stanza illuminata dai neon e lo depositò nella sua centrifuga. Gli serviva liquido, quindi accese il macchinario e lo frullò totalmente.
Sebbene avesse già ucciso un uomo, avesse già chiuso le sigarette e centrifugato il fegato, il vero lavoro ancora doveva iniziare, per cui cominciò ad affrettarsi iniziando pure a fischiettare dalla felicità. Versò l'organo liquido nella bacinella e la accostò a quella più insolita che possedeva nell'angolo, la cui forma era un cubo perfetto. In quella vuota aggiunse acqua e leganti idraulici e mescolò con forza per ottenere la sua pasta cementizia, aggiunse a quel punto un bel po' di sangue e fegato liquido e completò il suo cemento dal colore compreso tra vinaccia e malva. Riempì quasi totalmente la bacinella cubica e poi la lasciò riposare... avrebbe dovuto solidificarsi completamente prima di poter cominciare a scolpirla.
Si riavvicinò al tavolo della centrifuga e prelevò il proprio gigantesco martello da carpentiere. Lo appoggiò a terra, fissando la parola TORMENTO incisa sul legno, la stessa che lui aveva inciso sulla propria pelle con un tatuaggio dietro al collo, e tirò giù il cadavere. Fare a pezzetti piccolissimi un essere umano è più semplice se tutte le ossa sono frantumate, ma a quanto pareva nessuno ci aveva mai pensato prima d'ora, o almeno nessuno di sua conoscenza. Inoltre, dopo aver rimosso tutto il sangue con uno sgozzamento, non c'era neanche troppo da pulire dopo, quindi era lecito domandarsi perché nessuno facesse mai una cosa del genere, ma forse non c'erano troppi stomaci forti in circolazione. Un corpo ridotto a pezzi dopo una frantumazione simile è più semplice da mettere in un sacchetto da gettare in un lago o nel mare e si può stare certi che non risalirà mai a galla.
Raccolse Tormento e lo soppesò, poi come una ghigliottina infida e malefica, cominciò a calarlo più e più volte sulle varie giunture e sulle varie parti del cadavere. Il rumore di carne e ossa che si spappolavano erano assordanti, ma questo non gli impedì di infliggere più di cinquanta colpi.
Passarono quasi dieci minuti, dopodiché prese una sigaretta da terra.
Appoggiò la testa sporca del martello al suolo e si resse con una mano sul suo manico.
E mentre il suo impasto di sangue e cemento si solidificava e la sua vittima giaceva come una poltiglia irriconoscibile, in attesa di essere tagliata a pezzi, lui si fumò per la prima volta una sigaretta al sangue.
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