Solomon mi si avvicinò portando con sé un grosso raccoglitore pieno di fogli.
"Se non hai portato un'immagine con te, qua posso mostrarti varie versioni di cobra da poterti tatuare".
Afferrai il librone e mi parve che pesasse centinaia di chili. Me lo poggiai sulle gambe, sentendo le ossa e le articolazioni lamentarsi per il dolore. Cominciai a sentirmi confuso e leggermente rintontito, e questo mi portò a focalizzarmi su uno dei tattoo che l'uomo aveva sul bicipite destro.
"Cos'è quella nuvoletta spumosa e brumosa che hai? Sembra viva, lucida e irreale", domandai incuriosito e rapito dall'immagine.
"Sicuro di volerlo sapere?".
"Sì", mi ritrovai a rispondere senza neanche averne la consapevolezza.
"Beh...", cominciò lui.
Stu era un uomo di quarant'anni, pelato e con gli occhiali. Lavorava in ufficio senza sosta stressandosi dalla mattina alla sera e passava poco tempo con la propria famiglia. Non aveva mai fatto mancare niente ai suoi cari, se non la propria presenza. Era però giustificata quest'ultima e quindi nessuno osava rinfacciarglielo in qualche modo. Chi d'altronde avrebbe potuto?
Stu aveva un simpatico vizio, in fondo ogni uomo ha il proprio... c'è poco da fare. A Stu piaceva fumare, a Stu piaceva fumare un sacco. Consumava in effetti circa quaranta sigarette al giorno e non desiderava altro se non l'inizio di una nuova giornata per poterne fumare altre quaranta. Non ne poteva fare a meno, anche se gli effetti erano visibili, considerato l'affanno costante che si trascinava dietro da anni.
Quando decise di farsi un tatuaggio, il nome di Solomon gli capitò davanti agli occhi per caso. Un post sponsorizzato su Facebook apparì dal nulla sulla home che saltuariamente faceva scorrere.
I tattoo di Solomon non si pagano, i tattoo di Solomon sono gratuiti. L'artista però esige un altro tipo di prezzo da te. Dovrai fronteggiare i tuoi peccati, ammetterli ed espiarli. Altrimenti i peccati espieranno te.
E così era corso a farsi un tatuaggio, una roba da poco, una roba scontata. Un piccolo laghetto al tramonto con un colibrì. Adorava i colibrì, era una delle specie animali che lo affascinava di più. La velocità del loro battito d'ali, il poter restare sospesi ad aspettare... ad osservare. Una velocità che lui non aveva più da molto tempo ormai, a causa di quel dannato affanno.
Quando uscì dallo shop con il disegno nero sul petto, si rese conto che in effetti non gli aveva fatto per niente male. Anzi, si sentiva stranamente bene, rilassato, come se si fosse tolto un peso dallo stomaco.
Decise di fumarsi una sigaretta, per cui si fermò sotto un albero e cavò il pacchetto dalla tasca. Ne prese una, l'avvicinò alla bocca e l'accese inspirando una profonda boccata. Il sapore che sentì fu però di sangue.
Sangue. Sangue. Sangue. Dentro di sé una fontana in piena sgorgava e riempiva gli anfratti. Emetteva e s'infiltrava in ogni orifizio ed insenatura. Il sangue si muoveva come mille serpenti e annegava qualsiasi cosa ci fosse da annegare. Il sapore metallico che sentiva nei polmoni era così intenso che sembrava avergli permeato il cervello. Tossì, tossì pesantemente, ritrovandosi un grumo di sangue sulla mano. Si spaventò ed alcune lacrime gli riempirono gli occhi. Cominciò a vedere rosso, perché quello che piangeva erano lacrime sangue.
Un'ombra si stagliò all'orizzonte, sfocata ed indistinta. Lo fissava accecandolo con il tramonto alle sue spalle e restava in attesa come un colibrì pensante. Stu si strappò la camicia e notò che il suo tatuaggio non c'era più, era svanito. Ma perché? Come mai?
Prima che potesse rispondere a tutto questo, il sangue interiore aumentò e il suo tossire anche. E Stu svanì come una nuvoletta di fumo perché non aveva ascoltato le parole di Solomon.
Non aveva espiato il peccato che avrebbe dovuto.
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